Progetti, Scuola del Fare

Public speaking alle pendici del Vesuvio: cosa ci portiamo dietro dal primo scambio del progetto Teen Not Neet

Si è conclusa la prima settimana di scambio del progetto Teen Not Neet. Nuovi legami, nuove storie, un nuovo modo di raccontare se stessi, le proprie esperienze e i propri progetti: nel bagaglio, oltre a quello che già si erano portati dietro, i ragazzi si sono ritrovati anche questo. Scoperte, inaspettate da un lato, frutto del loro impegno e della loro caparbietà dall’altro.

Difficoltà che temprano e uniscono

Aerei in ritardo, alte temperature e tragitti a piedi possono essere un fastidio per chi sogna un viaggio già perfetto e, forse, anche già vissuto. Un fastidio lo sono stati anche per i ragazzi. Oltre però alla seccatura di non veder filare tutto liscio, hanno saputo rimboccarsi le maniche, stringersi l’uno all’altro e trovare un senso nel vivere insieme le difficoltà. Non si sono fermati, si sono adattati e sono andati avanti: è così che sono riusciti a farsi un tuffo al mare, a raccontare le proprie storie superando la timidezza, a regalarsi risate durante una cena comune.

Ciò che con un termine inflazionato chiameremmo flessibilità, i ragazzi l’hanno imparata mettendosi in gioco in prima persona nelle piccole fastidiose sfide quotidiane che questo primo laboratorio ha messo loro davanti.

Ascoltare le testimonianze degli altri

È il pomeriggio di lunedì 4 luglio. Appena scesi dall’aereo i ragazzi ascoltano la testimonianza di Antonio, guida della cooperativa La Paranza di Napoli. Antonio racconta loro il centro storico della città e le piccole curiosità nascoste del Duomo, di Santa Chiara, di San Gregorio Armeno. Con passione trasmette loro tutto ciò che sa di un luogo che ha vissuto.

Martedì 5 luglio, è prima mattina. Ad aspettarli all’ingresso delle Catacombe di San Gennaro c’è Miriam, altra guida della Paranza. Miriam non racconta loro solo di alcuni monumenti e siti archeologici rinati ma anche la storia dei ragazzi che li hanno rianimati e di cui lei è protagonista. Non è più solo un racconto di un pezzo della città ma anche di un pezzo, e molto importante, di vita.

Mercoledì 6 luglio, fa caldo e le strade del Rione Sanità sono in salita. Gea e Maria guidano il gruppo. Maria è una ragazza della loro età impegnata nel progetto Wi-U che coinvolge gli adolescenti del quartiere e Gea è la sua educatrice. Si sono prestate per raccontare loro la storia dei murales del Rione. Non ascoltano più solo la testimonianza di un adulto ma di una ragazza come loro che si è preparata e allenata per raccontare ciò che le sta a cuore davanti a un pubblico.

Tre giorni quindi passati ad ascoltare la testimonianza di qualcun altro, tre giorni passati a immedesimarsi nei panni del pubblico prima di iniziare a diventare attori protagonisti.

Dalla platea al palco: il corso di public speaking

Dopo aver ascoltato, tocca a loro mettersi alla prova. Prima però occorre prepararsi: supportati dai tutor ripensano l’esperienza dei primi tre giorni, raccolgono su post-it le proprie idee, emozioni, impressioni su ciò che li ha colpiti in positivo e in negativo. A ogni post-it attaccano un emoticon: dire qualcosa della città e di ciò che hanno fatto dà loro così un’occasione per capire qualcosa di sé e dei propri interessi. Poi prendono delle riviste da cui tagliano immagini e scritte per raccontare l’esperienza. Costretti a usare ciò che è loro dato e non le proprie foto o le proprie parole non possono che andare a fondo dell’esperienza vissuta; solo così vanno oltre ai meri avvenimenti e trovano il significato che ha avuto per loro e riescono ad esprimerlo con un materiale che non si sono scelti.

Il senso di questo primo lavoro di laboratorio è scoprire che si ha qualcosa di unico e irripetibile da dire, ciascuno secondo una sua declinazione particolare. Un primo passo fondamentale per poi poter parlare di fronte a un pubblico con sicurezza e consapevolezza.

I giorni di giovedì e venerdì sono infatti interamente dedicati a un corso di public speaking, una delle quattro competenze trasversali su cui il progetto si concentra. Provano a presentarsi una prima volta: qualche esitazione, qualche incertezza, qualcosa da migliorare nel linguaggio non verbale e para-verbale. Si esercitano, capiscono a quali dettagli del proprio corpo e della propria voce prestare attenzione. Riprovano e il miglioramento è significativo.

 

Si chiudono così questi primi giorni di scambio a Napoli. L’appuntamento per la prossima tappa è fissato per il 25 luglio a Bergamo: ad aspettarli una nuova città e l’opportunità di mettere alla prova la loro capacità di problem solving.

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