Rassegna stampa

Il co-housing? Studenti e disabili – Corriere Buone Notizie

di Giovanna Maria Fagnani

Al quartiere Isola di Milano la Casa Comune è un esperimento di successo del Dopo di noi.
Grazie ad alcuni genitori, affiancati da un’associazione, è iniziata una convivenza virtuosa.
Giovani fragili e universitari cucinano insieme, si divertono e litigano, come tutti i ragazzi.

Nell’appartamento dei ragazzi è lotta a chi lascia in giro l’ultimo calzino. “Non c’è un campione”, raccontano ridendo. Dall’appartamento delle ragazze arrivano canzoni, risate e borbottii per chi prende in prestito i trucchi senza chiedere. Questa casa, nel quartiere Isola a Milano, è diversa da tutte le altre. Nel settembre scorso, in due locali di questo stabile di piazza Minniti, di proprietà della Parrocchia del Sacro Volto, è nata “La Casa Comune 2”. Qui, sei ragazzi con disabilità mentale convivono con cinque universitari fuori sede. Non una micro-comunità con personale a prendersi cura dei disabili, ma un vero co-housing. Gli studenti non hanno doveri verso i coinquilini più fragili, se non quello di fare amicizia, essere di stimolo. E ci riescono benissimo. Amici in visita vanno e vengono. Insieme si cucina, si va a prendere l’aperitivo o a ballare. E si litiga. “Quando cominciano a litigare vuol dire che va tutto bene. Ci si percepisce uguali, la disabilità non si vede più”, sottolinea Antonella Viganò, pedagogista dell’Associazione La Comune che ha sviluppato il progetto. La convivenza porta risultati importanti. Pratici, come imparare a prendere i mezzi da solo o fare la spesa. E più intimi, “come quello di percepirsi coinquilini a pari livello o come entità a sé rispetto ai genitori”. Due le Case Comuni a Milano: nella prima vivono da cinque anni due ragazze autistiche con altre studentesse. “Gli studenti – racconta Marco Marzagalli, presidente dell’associazione – cambiano ogni due o tre anni, ma restano legami importanti. I disabili vivono in autonomia, contando sull’aiuto del nostro personale educativo, che è presente in alcuni momenti, ma non vive con loro. E le ore di presenza diminuiscono man mano che l’autonomia cresce”. Un anno e mezzo fa, a La Comune si sono rivolte le famiglie dei sei ragazzi di piazza Minniti: alcune frequentavano la parrocchia, che ha accettato di destinare i locali. Alcune fondazioni e aziende hanno pagato la ristrutturazione e così anche per i loro figli è cominciata la vita indipendente. Alessandro Rasini e Simone Passacantando, 34 anni, vivono con Simone Pezzolati, 21 anni, studente di Filosofia e Percy Corales, 24 anni, cileno, che studia Ingegneria. “Gioco a calcio, e faccio teatro, non proprio recitazione ma mimo, perché tanti dei miei compagni non parlano”, racconta Alessandro. Percy e Simone cucinano bene e gli amici apprezzano. “Ai nostri figli mancava il rapporto con ragazzi normodotati: è l’aspetto geniale di questa esperienza”, dicono Paola e Giancarlo, genitori di Simone. Al piano di sopra vivono Maria, 21 anni, che ama il karaoke e Vicky Alberti, che sa ballare e fotografa tutto. Beatrice Motta, 30 anni, lavora part time in un ristorante del quartiere: “Preparo le verdure per la cena e per il brunch e studio inglese”, dice seduta accanto a Silvia Freschi, 23 anni, appena assunta in un fast food. E’ più riservata delle altre, ma occhi e sorriso dicono tutto. “Sta imparando a rielaborare i suoi sentimenti”, dice la mamma. Con le quattro amiche vivono tre studentesse, Eleonora Raschi, 23 anni, Giulia Ravera e Ilaria Greppi. “E’ un’esperienza da affrontare con consapevolezza, perché il sovraccarico emotivo è innegabile. Ma s’impara – spiegano – a essere responsabili verso gli altri”. “Dare ai nostri figli una vita indipendente e felice, da costruire adesso che siamo ancora giovani: questo vorremmo per tutte le famiglie come le nostre”, sintetizza la mamma di Beatrice. E i sogni non si fermano. Il prossimo è l’autonomia lavorativa. Vivere nella Casa Comune costa 1200 euro, una cifra che copre affitto, bollette, stipendio del personale; 880 euro arrivano dal Dopo di Noi e dalla pensione d’invalidità. “Il cerchio – dice Marzagalli – si chiuderebbe con un lavoro part time. Sarebbe perfetto se negozi o aziende ci affidassero dei compiti, come, ad esempio, preparare panini per la pausa pranzo o altro. Il lavoro è un diritto come la casa”.

Il progetto
“La Comune” che ha ideato e avviato il progetto delle due case in cui convivono giovani disabili e studenti universitari, è un’associazione milanese da trent’anni impegnata in attività sociali, sportive e di cultura.
www.la-comune.com